martedì 28 luglio 2015

Recensione "L'età sottile" di Francesco Dimitri

Quando e dove l’ho comprato?
L'ho letto in ebook


Quando e dove l’ho letto?
Un po’ ovunque: tra la biblioteca, i mezzi pubblici e la piscina. Ho impiegato pochi giorni, è stato il libro della mia prima distensione vacanziera di quest'anno

Che cosa?
L’età sottile di Francesco Dimitri, autore italiano di genere fantasy, a me finora sconosciuto. Sono stata una lettrice accanita di questo genere in gioventù, per cui ad oggi ne leggo pochissimo (meno di un titolo all’anno) e selezionatissimo, forse perché sono diventata davvero troppo esigente.


Perché?
Perché mi è stato consigliato con calore da due persone della cui opinione letteraria mi fido: uno è il mio amico Mattia/Silver Reflex/Terence Granchester, youtuber letterario, l'altro è Mr Ink, qui la sua recensione. 


Con che cosa?
Da solo: è stata una lettura veloce e totalizzante

Autore: Francesco Dimitri
Titolo: L'età sottile
Editore: Salani
Pagine: 396
Prezzo: 15.90 euro
Anno: 2013
Trama: Quando Gregorio incontra la Magia per prima volta ha quattordici anni, e l’infanzia gli sta scivolando di dosso come l’acqua del mare del piccolo paese del Sud dove va in vacanza. La proposta che gli viene fatta va oltre ogni immaginazione, e l’idea di diventare più potente di qualsiasi mortale sembra decisamente allettante. Se Gregorio accetta, però, dovrà nascondere a chiunque la sua nuova vita; dovrà tacere e mentire alla famiglia e agli amici di un tempo; dovrà abbandonare la sua normalità ed entrare in un mondo dove la parola è azione, e le azioni sono al di sopra di ogni giudizio. Un mondo di cambiamento costante, di pericoli mortali, di tradimento, ma dove l’amicizia è più potente della morte. Originale, spiazzante, crudo, onirico e realistico al tempo stesso, dal più talentuoso e visionario autore del fantastico italiano un sorprendente romanzo di formazione che ci ricorda che ogni adolescente è mago, perché vuole conservare il potere dell’infanzia e trasportarlo integro nell’età adulta.


RECENSIONE


Se decido di leggere fantasy, dopo un'adolescenza in cui ne ho letto (e persino scritto) molto, a 28 anni deve essere per un buon motivo. Il mio buon motivo si chiama Mattia e lo ringrazio moltissimo per questa segnalazione.

Il titolo è un riferimento a quell'età problematica e ambigua che è l'adolescenza: sottile significa fragile, effimero, ma significa anche permeabile, un'età di confine tra un mondo e l'altro, tra un io infantile e un io adulto. La chiave interpretativa di questo libro è l'ambiguità, legata al simbolico-occulto, quanto al reale. 

Non dirò molto sulla trama, anche per non rovinare il piacere della scoperta a nuovi possibili lettori: vi basti sapere che ci sono due ambientazioni principali (la Roma autunnale e un paesino del sud in estate), un adolescente alle prese con il lutto della madre, le turbe ormonali e i primi amori e poi c'è l'incontro con la magia. E tantissime citazioni (implicite ed esplicite) da tutto il panorama fantasy-nerd contemporaneo. 

I riferimenti più frequenti sono quelli alla saga di Harry Potter, citata a più riprese per tutta la durata del romanzo: è interessante come questa storia reinventi e riusi i suoi modelli, con un'alchimia funzionale che ha qualcosa, davvero, di magico. Momenti iconici e temi ripresi, come il tema del lutto e lo sfregio subito da un nemico (il protagonista Gregorio perde un occhio) sono presentati con una consapevolezza superiore, quasi distante, che "se la canta e se la suona", che ti dice "lo so che questo è un cliché, ma guarda come te lo parcheggio bene, ci faccio il balletto attorno, te lo mostro da un'altra angolatura, te lo stropiccio, te lo rovescio". 

In Harry Potter dove siano allocati il bene e il male è quasi sempre perfettamente evidente e riconoscibile, salvo mistici coni d'ombra come il magnifico personaggio di Piton: in questo romanzo, invece, Gregorio fa spesso del male al suo prossimo, le sue motivazioni non sono sempre nobili, il suo fine spesso giustifica dei discutibili mezzi (il protagonista assume droghe a più riprese e arriva persino ad allearsi con una specie di giovane "mafioso" di paese), il suo saltellare su e giù lungo la linea che separa il bene dal male è una danza ammaliante. Siamo sempre davanti a una duplice interpretazione: da una parte la scoperta della magia è un dono, dall'altra una discesa agli inferi; il maestro Levi è una guida, ma anche una personalità ombrosa, che plagia giovani menti. 


La magia è raccontata nella sua natura teorica e pratica, nel suo potenziale dirompente, strettamente legato con l'estasi dei sensi: una delle scene più belle e potenti del libro mostra contestualmente la perdita della verginità del protagonista e la sua iniziazione alla magia con tanto di piscina, tempesta marittima notturna, sangue virginale, pentacoli e cerchi magici, in un tripudio di fulmini e saette, di orgasmo e morte. Detta così sembra un'accozzaglia di elementi kitsch, eppure, credetemi, si tratta di un passaggio davvero ben orchestrato. 

Ovviamente non è un libro perfetto, veniamo dunque a ciò che non mi ha convinto: innanzitutto alcuni dei personaggi sono monocordi, appena abbozzati, probabilmente perché la mole del libro e la sua autoconclusività non consentono di scavare in profondità. 

In particolare penso ai membri del gruppo di maghi che Levi allena: li conosciamo poco, una fra tutti la misteriosa e ispida Elena, i cui misteri si esauriscono in mezza pagina, appena prima della fine; anche Simone e Diana rimangono nell'ombra. Su Gregorio, invece, si può facilmente rilevare come l'autore abbia fin esagerato nella caratterizzazione: il giovane protagonista ha una cultura da nerd nato negli anni '80, con tanto di fissa per Gaiman (che cita a memoria), Dungeons & Dragons, Buffy, Bob Dylan, solo per citarne alcuni. La sua cultura è un crogiolo ricchissimo e un po' impensabile per un adolescente degli anni dieci, il che lo rende un personaggio interessante, ma poco credibile. 

C'è poi una caratteristica che per me non è un difetto, ma è senz'altro una particolarità: non si capisce bene quale sia il pubblico di riferimento. Sicuramente per essere pensato per un pubblico adolescente è un libro piuttosto problematico: vi sono scene ambientate sul "piano astrale" i cui contenuti sono volutamente controversi, perturbanti, per quanto indubbiamente affascinanti. 

E' un libro che fa riflettere e discutere, probabilmente una delle migliori prove fantasy contemporanee del bel paese. Lo stile è preciso e coinvolgente, ti spinge a voltare pagina, tra la forte presa del contenuto e l'indubbia bellezza della forma. Lo consiglio a tutti coloro che amano il fantasy ma gradirebbero leggere finalmente qualcosa di nuovo, che non si prenda troppo sul serio e omaggi i canoni senza copiare pedissequamente. . 

E secondo me è perfetto per l'estate, perché fornisce una buona dose di spunti di riflessione senza annoiare minimamente.

giovedì 23 luglio 2015

Recensione: "Forse qui potrei vivere" di Valeria Fraccari

Quando e dove l’ho comprato?
Mi è stato gentilmente inviato, su mia richiesta, dalla casa editrice, in formato cartaceo


Quando e dove l’ho letto?
A letto e in giro per la città, sui mezzi pubblici


Che cosa?
Qui forse potrei vivere di Valeria Fraccari, della Biblion Edizioni, autrice e casa editrice a me finora sconosciute


Perché?
L’ho visto recensire in toni entusiastici su “La stamberga dei lettori”, blog autorevole, dei cui collaboratori mi fido molto. Ero in cerca di un gioiellino.

Con che cosa?
Insieme a diversi tomi di glottodidattica (non se ne esce…) a Pierre non esiste di Vargas e a Il giardino dei Finzi-Contini di Bassani.



Autore: Valeria Fraccari
Titolo: Qui forse potrei vivere
Editore: Biblion Edizioni
Pagine: 158
Prezzo: 12 euro
Anno: 2014
Trama: In un liceo di Milano suona la campanella: è l'ultima ora del sabato, la settimana è finita e tutti escono da scuola. Tutti, tranne la professoressa Irene Corti, che quella mattina, in classe, ha letteralmente perso il controllo e il contatto con la realtà. Luca è uno degli studenti di Irene e quella lezione lo ha sconvolto. Anche quando torna a casa, dove lo aspetta la sua difficile storia familiare, non può smettere di pensarci. Nell'arco dei tre giorni in cui si svolge il romanzo, le vicende di Irene e Luca si sviluppano parallelamente, così come dolori e ricordi aprono violentemente varchi nelle esistenze di entrambi, conducendo il lettore nel tempo fragile, intenso e doloroso della scuola e dell'adolescenza.


RECENSIONE

Mi piace pensare di essere una futura insegnante: evidentemente non essere stata ammessa a ben due cicli di percorsi abilitanti di dubbia utilità non ha ancora fiaccato i miei propositi. Nel frattempo ho fatto sporadiche supplenze e corsi di recupero, insegnato italiano L2 agli adulti, lavorato in tutt’altro campo e, tuttavia, nel mio futuro a lungo termine mi vedo in classe, un posto dove ho sempre pensato che mi sentirò bene. Forse perché da studentessa ci stavo tanto bene. 

Queste sono anche, almeno in parte, le motivazioni che spingono la protagonista di questo romanzo, la professoressa Irene, a inseguire il sogno dell’insegnamento, che rimane l’obiettivo principe, prima in potenza e poi in atto, della sua vita. Finché in aula, in un giorno di maggio, non accade qualcosa che rimette in discussione tutto, che la sospinge in una risacca di incertezza e inadeguatezza, un evento spaventoso che la porta a ripercorrere mentalmente tutta la sua vita. 

Un percorso sentimentale fondato su pochi affetti, essenzialmente la figlia Sara e l’amica Bianca, che però negli ultimi tempi ha cominciato a scricchiolare; e tutt'intorno una certa solitudine, tra l’interesse per un collega affascinante, di cui non ricorda il nome, e le giornate scolastiche tutte uguali, via via più pesanti, tra il peso di una colpa inconfessabile e le prime avvisaglie di una crisi vocazionale. 

Contestualmente si sviluppa la vicenda di Luca, allievo di Irene, il solo, forse, a percepire la profondità del disagio della sua professoressa di lettere: lui è un’anima smarrita in una vita famigliare fatta di assenze e non detti. Alla fine sarà l’intersezione tra queste due solitudini a rendere possibile il superamento di un periodo buio per entrambi.

Ecco, ho trovato in questo breve romanzo esattamente quello che mi aspettavo: un piccolo gioiello di bella scrittura, essenziale, puntuale, con belle riflessioni sull’essere insegnanti, sull’essere studenti e soprattutto sull’essere umani. Umani in una dimensione di dialogo con altri esseri umani, in una condivisione di momenti, di saperi e di emozioni. Merita una menzione speciale, senza anticipazioni, il modo in cui la protagonista Irene e la futura migliore amica Bianca si conoscono, ai tempi dell'università, complice una citazione galeotta da Caproni, che poi è quella che dà il (bellissimo) titolo al libro. 

Diciamo che un limite, a livello di percezione soggettiva, può essere che questo libro non mi ha dato nulla di più di quanto mi aspettassi: le aspettative erano alte e sono state ripagate con precisione. Il che mi fa riflettere sull’arma a doppio taglio che possono essere le aspettative: un libro da cui non ti aspetti niente e ti regala un mondo è un’emozione indicibile, un libro che ti suggerisce, già da chiuso, una qualità evidente, per poi “portare a casa il compito” forse, su un piano prettamente edonistico, dà una soddisfazione di tipo diverso, meno entusiastica, più contenuta.

In ogni caso si tratta di un piccolo gioiello che scava in profondità, nella sua semplicità e nella sua estrema e rigorosa coesione. Una bella scoperta. Probabilmente leggerò altro di quest’autrice.

L'AUTRICE



domenica 19 luglio 2015

CinemOssi & Co: Song of the sea, Il racconto dei racconti, Sarà il mio tipo?, Testament of Youth, + Tess dei d'Urbervilles e Disperatamente Romantici

Cari fedelissimi,
mi scuso per i due mesi e passa di assenza: il lavoro e la preparazione di colloqui ed esami vari (alcuni dei quali potrebbero avere importanti ripercussioni sulle mie prossime occupazioni) mi hanno tenuta molto impegnata. Da oggi sono ufficialmente in vacanza e tornerò a scrivere con maggiore regolarità (almeno spero). In questo post voglio segnalarvi un po’ di visioni interessanti, che mi hanno reso questi ultimi mesi molto più sopportabili.


Song of the sea (Tomm Moore, 2014)
E’ un film d’animazione realizzato dal regista irlandese, vincitore dell'Oscar come miglior "cartone", già autore di The secret of Kells (che devo ancora vedere): un autentico capolavoro di estetica e contenuti, una festa per gli occhi e per la mente: leggende irlandesi, ricerca delle proprie radici, storia di formazione condita da un pizzico di magia. Vi sfido a non innamorarvene. Unico cruccio: c’è soltanto in lingua originale con i sottotitoli. Ma ne vale la pena. Procuratevelo. E plauso al distributore che deciderà di portarlo in Italia. Sempre che tale miracolo avvenga.

Il racconto dei racconti (Matteo Garrone, 2015)
Probabilmente vi avevo già detto che, dei tre italianissimi che sono usciti degli ultimi mesi, ho trovato Mia madre di Nanni Moretti una mezza delusione e Youth di Sorrentino piacevole, ma non del tutto riuscito. Ecco, invece Garrone sorprende con un film che segna un unicum nel panorama cinematografico italiano di tutti i tempi e lo fa regalandoci un'opera che è tanto profondamente italiana nel sentire (sia nella scelta letteraria di partenza, Lo cunto de li cunti di Basile, sia nelle splendide location che sono utilizzate) quanto internazionale nell’eleganza della veste e del cast. E profondamente garroniano nei temi prescelti: la deformità, la morbosità, il “mostro” che c’è nell’umano, l’imperscrutabilità delle pulsioni. Bellissimo. L’ho visto al cinema con i miei amici e lo aspetto con ansia in dvd.


Sarà il mio tipo? (Lucas Belvaux, 2014)
Visto al pc a sorpresa e senza troppa convinzione, lo credevo una commedia francese carina e innocua e in effetti tale è la confezione, oltre che l’inizio (professore-scrittore cittadino incontra parrucchiera di provincia, nasce una relazione, tra patemi per la diversità e attrazione). Invece, procedendo verso l’epilogo, si trasforma in qualcosa di diverso, da cui la presunta superiorità intellettuale del professore esce decisamente sconfitta a vantaggio della giovane parrucchiera, ferma, limpida e acuta nel suo pensiero lineare, oltreché inesorabile nelle sue decisioni. Finale amarissimo. Da considerare.


Testament of youth (James Kent, 2015)
Film della BBC tratto dall'autobiografia di Vera Brittain, scrittrice, pacifista e crocerossina durante la Grande Guerra. Una storia di coraggio e tenacia al femminile, uno sguardo obliquo e particolare su un periodo sanguinosissimo del nostro passato, una storia "alternativa" di quei giovani di belle speranze sterminati dalla Prima Guerra Mondiale. Se resistete ai primi venti minuti, che possono erroneamente far pensare a una storia smielata di amori recisi dalla guerra, vi si aprirà un mondo di emozioni forti celebrate in punta di piedi. Personalmente l'ho adorato. Anche questo va visto in inglese, in attesa che LaEffe ce lo mostri in italiano (chissà...)


 

LaEffe

Ho poi scoperto di adorare letteralmente la programmazione (specie quella domenicale) della rete tematica 50 del digitale, LaEffe, gestita da Feltrinelli. Tre le meraviglie che mi hanno tenuto compagnia negli ultimi tempi: la miniserie BBC in due puntate Tess dei d’Urbervilles con Gemma Arterton e Eddie Redmayne nei panni di Tess e Angel (dolente e lancinante quanto il libro) e soprattutto la serie in 6 puntate Disperatamente romantici sulla storia della confraternita dei Preraffaelliti, pittori di genio che sconvolsero con le loro idee la società puritana londinese dell’800. Di questa serie ho apprezzato particolarmente il tentativo di presentare i giovani Millais, Rossetti e Hunt come dei ragazzi di oggi, alle prese con problemi pratici ed emotivi, senza quell’aura di ingessata e inverosimile antichità che spesso affligge questo tipo di produzioni; ricordarci che anche il passato è stato presente giova alla nostra concezione spesso fallace e idealizzata dell’umanità che è passata su questa terra prima di noi. Menzione finale per Io, Jane Austen, trasmesso questa sera, storia degli ultimi mesi di vita dell'autrice: la scelta, piacevolmente poco commerciale, è stata di rappresentarla nella sua lucida pragmaticità, nell'arguzia pungente, nello schietto idealismo appena velato di malinconia che in lei tanto ammiro. 
Uno dei rari i casi in cui vale la pena accendere la tv: sintonizzatevi sul canale 50. Anche voi uomini, anzi, soprattutto voi. Su!


E voi? Cos'avete visto o vedrete quest'estate? Fatemelo sapere. 
Buona estate a tutti, leggete e guardate cose belle. Arriveranno presto recensioni di libri e tante novità.