domenica 29 marzo 2015

CinemOssi: Rompicapo a New York, Sils Maria, La famiglia Bélier, Una casa alla fine del mondo

Carissimi, settimana pesantissima, un po’ di film visti nei ritagli di tempo, eccoli a voi. 

Come sempre: CINEMA (visti in sala), TV (visti in salotto), PC (visti in cameretta al PC), BIBLIOTECA (col tablet in biblioteca) e TRENO (col tablet tra una trasferta lavorativa e l’altra). E voi? Cos'avete visto questa settimana?

Rompicapo a New York (Cédric Klapish, 2013) PC

E’ stato il mio film della domenica. Non sapevo esistesse, pur essendo uscito da un bel po’, e non so come abbia potuto sfuggirmi, visto che sono molto legata sia al L’appartamento Spagnolo sia al suo pregevole seguito Bambole Russe. Non sono capolavori, ma hanno avuto il pregio di fotografare la prima generazione di europei cittadini del mondo, decentrati, mutevoli, in qualche modo pionieri di un futuro con lo zaino in spalla, con poche certezze, poco senso pratico, spirito d'avventura e tanta voglia di allargare i confini della propria testa e del proprio cuore. Questo è il terzo film della serie e ritroviamo così, 10 anni dopo, i quarantenni Xavier (ormai scrittore affermato), Wendy, Isabelle e Martine, ex erasmus, ex amici, ex fidanzati, sempre e comunque in qualche modo uniti, dopo i figli e le delusioni sentimentali. Il titolo originale è Casse-tête chinois, rompicapo cinese, e forse sarebbe stato meglio tradurlo letteralmente, anche per rendere la continuità con i precedenti. Si riferisce alla routine complicata delle famiglie non tradizionali, di cui questo film è, di fatto, l’emblema, tra la maternità lesbica ricercata da Isabelle, il divorzio di Xavier da Wendy, il suo riavvicinamento a Martine, il tutto nella cornice di New York, la magmatica città dove niente dura per sempre, intrico di culture e di caos esistenziale. Un film che inizialmente mi ha lasciato un po’ l’amaro in bocca, ma che tutto sommato, ragionato a mente fredda, riprende con coerenza i fili lasciati pendere dal precedente senza grandi concessioni all’autoassolvimento. Però alcune cose davvero non mi sono piaciute: l’inverosimiglianza del fatto che, casualmente, tutti i protagonisti, per una ragione o per l’altra, si trovino a decidere di trasferirsi a New York un po’ come se niente fosse, con tutto ciò che comporta burocraticamente ed emotivamente; ma soprattutto il pessimo-pessimo-pessimo doppiaggio italiano, che cambia completamente la voce di Xavier e rimette a Wendy l’insopportabile accento inglese “alla Stanlio e Ollio” che era stato fortunatamente abbandonato nel secondo film. Sono davvero pentita di non averlo visto in francese.

Sils Maria (Olivier Assayas, 2014) TRENO

Probabilmente vedere questo film mentre andavo e venivo dalla montagne mi ha consentito di apprezzarlo ulteriormente. Confesso di averlo semplicemente adorato. Un film ambizioso e riuscito, magnificamente interpretato. Non vi racconto niente della trama, perché la sceneggiatura è interessantissima e la storia va gustata senza informazioni di sorta. Non perché sia un giallo, ma perché la costruzione è veramente originale, un intreccio inestricabile di vita vera e spettacolo, di finzione scenica e tormenti autentici. Per tematiche mi ha parzialmente ricordato Birdman, ma solo come spirito di fondo. Il finale è inatteso e ambiguo, mi confronterei volentieri con chi l’ha visto per avere pareri in proposito, perché è variamente interpretabile. Juliette Binoche non è mai stata così bella e affascinante, neanche quando, giovanissima, recitava ne “Il danno” e il suo inglese è da ammirare. Kristen Stewart si sta degnissimamente emancipando dal post twilight e ci regala il personaggio più controverso di questa storia controversa. Chloe Moretz non mi piace, l’ho già detto e lo ribadisco. Magari cambierò idea, ma per ora continuo a trovarla insopportabile.

La famiglia Belier (Eric Lartigau, 2014) CINEMA

Mia visione del sabato sera al cinema con gli amici: un film di formazione d’impianto americano, con la classica presa di coscienza di un talento, l’iniziale fiducia, poi la sfiducia/il contrasto dei famigliari, la risalita e il successo. Niente di nuovo sotto il sole, se non fosse che la famiglia della protagonista è integralmente sordomuta e decisamente sopra le righe. Le scene ad alto tasso di commozione, veramente ben concepite, non mancano e i personaggi sono davvero graziosi da guardare interagire e il tema della disabilità uditiva è trattato con autoironia e una buona dose di politicamente scorretto. Come creare un prodotto simpatico e a tratti originale pur su un canovaccio logoro e di apparente sterilità. Louane Emera, l’attrice che interpreta Paula, è una star di talent show musicali francesi e ha vinto il Premio César per il migliore esordio femminile dell’anno (ed è, in effetti, molto convincente). 


 
Una casa alla fine del mondo (Michael Meyer, 2004) TV

Tratto dall’omonimo romanzo di Michael Cunningam (che sfortunatamente non ho letto), l’ho rivisto per la prima volta a quasi dieci anni di distanza dalla prima visione. Niente o quasi mi ricordavo, salvo la tremenda scena in cui muore il fratello del protagonista. Storia di un complicato triangolo amoroso ad alto tasso di tragedia, pur messo in scena con molto tatto. Non so perché, ma il ricordo che ne conservavo era forse migliore. Comunque un ottimo Colin Farrell in un ruolo abbastanza anomalo per lui.


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