mercoledì 11 marzo 2015

CinemOssi: Vizio di forma, Laggies, Ida e 21 grammi

Dunque eccomi, pronta per questa seconda settimana di CinemOssi.

Alle solite etichette CINEMA (film visti in sala), TV (visti sulla tv del soggiorno con i miei famigliari) e PC (visti in camera caritatis nella mia stanza) si aggiunge una quarta etichetta, TRENO (la vostra Ossi in questo periodo lavora in un’altra regione, ragion per cui “pendola” su e giù col treno e usa un tablet da pochi euro sottratto indebitamente alla sua genitrice per poter far fruttare anche cinematograficamente il tempo del viaggio).

E voi? Ditemi nei commenti che cos’avete visto questa settimana.

Vizio di forma (Paul Thomas Anderson, 2014) CINEMA
Ho visto questo film consapevole del rischio che correvo: 148 minuti di una storia tra il grottesco e l’underground che poteva tranquillamente schifarmi o peggio mandarmi in coma. Il regista lo conosco più di fama che per diretta visione (ho visto pezzi vaganti di Magnolia e Il petroliere) e l’autore da cui è tratta la sceneggiatura (Pynchon), l’ho sempre evitato, nonostante sia uno degli autori feticcio di alcuni cari amici. Per cui sono partita con quella curiosità un po’ perversa che ti prende quando sai già che una cosa non ti piacerà, ma la affronti con una certa curiosità di capire il perché. E fu così che invece Vizio di forma, pur non essendo un capolavoro, mi piacque tantissimo, stupendomi ad ogni passaggio, ad ogni dialogo, ad ogni trovata assurda: è underground, è postmoderno, è hippy, è inverosimile, è grottesco, è sopra le righe, è strafatto. Il film come il personaggio protagonista, un detective fattone sonnolento e inaspettatamente argutissimo, magistralmente interpretato da Joaquin Phoenix, uno dei miei attori preferiti di tutti i tempi. Niente, l’ho amato: mi ha stralunata, sorpresa, sconvolta, confusa, illuminata, ma soprattutto divertita, con questo film si ride tantissimo; confesso che non mi sono mai fatta una canna, ma penso che la visione di questo film dia come effetto finale proprio quello. Tantissime le sequenze memorabili: dai dialoghi assolutamente geniali tra il protagonista e il poliziotto Big Foot, il surreale ed esilarante racconto della storia d’amore tra due spacciatori di eroina interpretati da Owen Wilson e Jena Malone, la scena nel centro massaggi cinese, la sequenza amorosa “dilazionata” tra il protagonista e la sua amata, i look improbabili di alcuni personaggi e i loro nomi parlanti. Una lucida e ciondolante confusione in bilico tra realtà e follia. Notine negative solo per qualche perdonabile lungaggine nella parte centrale. Dategli una chance!

Laggies (Lynn Shelton, 2014) TRENO
Quando ho letto nella trama “La ventottenne Megan sembra bloccata in uno stato di adolescenza permanente. Incapace di trovare il lavoro della sua vita, uscendo sempre con gli stessi amici e vivendo con il fidanzato del liceo”, mi sono detta “è la storia della mia vita, devo vederlo”. In realtà, a differenza della sottoscritta, la protagonista è un’adolescente solo per scelta, tuttavia la sua parabola di crescita è una storia di formazione tutt’altro che scontata: aldilà del finale, che è abbastanza telefonato, le riflessioni di Megan non sono banali, l’ansia che pervade la difficile fase del definitivo distacco dalla postadolescenza per accedere all’età adulta (che sempre più si colloca a ridosso dei trenta) è resa verosimilmente, pur senza eccedere in finezza. Così come la necessità di distaccarsi almeno un po’ da ciò che si è sempre avuto, sull’importanza di abbracciare nuove prospettive e costruirsi nuovi occhi per valutare la propria realtà da altri punti di vista. Intrattenimento godibile, ottima visione da treno. Visto in lingua originale.
Due sole domande per i miei lettori: solo io non impazzisco per Chloe Moretz? E soprattutto, che vuol dire Laggies? Qualcuno mi illumini, per piacere piacerissimo.



Ida (Paweł Pawlikowski, 2013) PC
Questo film polacco si è portato a casa la statuetta come miglior film straniero, quest’anno. Una storia intimista, in bianco e nero, protagonista una novizia orfana che viene mandata a conoscere la realtà fuori dal convento affinché sperimenti la vita mondana prima di prendere il velo. La storia di una presa di coscienza sussurrata, complici una zia libertina e depressa, un bel sassofonista e soprattutto un’atroce rivelazione sulla sua infanzia e sulla morte dei genitori. Finale forse prevedibile, ma perfetto. Non è un film che mi abbia bucato il cuore, ma la sua efficacia minimale e l’interpretazione in punta di piedi della protagonista colpiscono.



21 grammi (Alejandro González Iñárritu, 2003) PC
Continua la mia tardiva esplorazione del regista messicano che mi ha colpita con Birdman e fatta innamorate con Amores Perros. Questo 21 grammi è il secondo volume della trilogia della morte, inaugurata appunto da Amores Perros e che con questo film condivide una lunga sequela di disgrazie raccontate in un pastiche temporale che snocciola gli eventi procedendo avanti e indietro sulla linea del tempo, continuamente. Il confronto con il primo, tuttavia, secondo me non regge: pur magnificamente interpretato (Sean Penn, Naomi Watts, Benicio Del Toro, impossibile decretare chi sia il migliore) e diretto con una crudezza che, da materiale che era nel primo film, qui si fa più psicologica, tuttavia non raggiunge la compattezza d’intenti di Amores Perros e alla fine lascia lancinanti e insoddisfatti. Non delusi, ma essenzialmente tristi e irrisolti: il discorso finale della voce over sul valore della vita umana non riesce comunque a cancellare 120 minuti di pura cupezza, morte, destino avverso e pessimismo ben poco eroico. Ok, si chiama trilogia della morte e io non sono certo un’amante delle favolette a lieto fine, però qui si superano i livelli di guardia. Sono maggiormente fiduciosa su Babel.


3 commenti:

  1. http://en.wikipedia.org/wiki/Laggies#Title

    dovrebbe essere fannulloni

    RispondiElimina
  2. Sì, Laggies è tipo "lumache". Gente lenta, pigra, che non si muove mai.
    Una traduzione letterale letterale non penso ci sia. Rende bene però l'apatia della protagonista. Film, come ti dicevo, carinissimo anche per me. Keira è una delle poche persone al mondo a cui non dona l'accento inglese: le sue solite smorfie stanno meglio con l'americano. E con la commedia romantica. Ida piaciuto, sì, ma non mi ha detto granché: fotografia splendida, però. :)

    RispondiElimina